"Qui vi chiedo una grazia, lettori, consentitemi una fugace sosta sul pettirosso;
non sarà una sosta a lungo metraggio, come quella sul gheppio, prometto.
D’altra parte non posso fare a meno, devo equilibrare, correggere la nota
cruda e feroce del gheppio con una nota tenera e gentile, la nota del pettirosso.
Avevo venti anni ed ero tanto innamorato... mi trovavo in Pantelleria,
nel mio podere nella contrada Sibá, il cui nome arabo significa mattino.
Io ero tanto innamorato, ripeto, io pensavo tanto al mio amore, ch’era lontano;
pensavo al mio amore prima di addormentarmi, pensavo al mio amore al risveglio,
pensavo al mio amore durante tutti i minuti della mia giornata;
potrei intitolare questo spuntino di racconto un mattino, nella contrada del mattino...
Mi svegliai alle prime luci del giorno; al davanzale della finestra cantava un pettirosso...
venne anche a me di cantare... un distico, una coppia di versi,
tanto musicali, stupendi, degni dell’immortalità:
Sempre un augello canta alla finestra,
Ne l’ora che si sveglia l’amor mio...
e, quando tornai a Roma, quando tornai ad affondarmi tra le braccia del mio amore,
mi tornò il canto del pettirosso e recitai:
E son tornato, come alle prime acque
Torna a cantar sul greto il pettirosso...
Se fossi rimasto a Sibá, se fossi rimasto ventenne, se il pettirosso non fosse volato via,
se tanti altri se... avrei potuto, chissà, diventare un grande poeta;
ma è volato via il pettirosso, sono volati via i vent’anni, sono volati via tanti altri tesori,
sono ridotto a un povero estensore di guide turistiche.
Bando alle malinconie, un sorso alla borraccia del buonumore e... tiremm innanz."
Angelo D'Aietti