All’inizio del nuovo millennio, internet e la telematica ci rendono cittadini del mondo, collegandoci con i più sperduti giacimenti della conoscenza umana. La spinta decisiva per la loro attivazione rimane però la stessa dei decenni, secoli e millenni passati. Quella spinta è la curiosità intellettuale, la volontà di conoscere e di capire. Angelo D’Ajetti (1910-1979) ne era provvisto come pochi.
Notaro in Pantelleria, avendo conquistato la sede isolana dopo un breve esordio professionale come Commissario di Pubblica Sicurezza a Trapani, grazie a quella irrefrenabile curiosità poté trascorrere tanta parte della sua vita negli 83 chilometri quadrati dell’isolotta tra la Sicilia e la Tunisia, come se fosse calato nel cuore ancora palpitante della civiltà mediterranea.
Le imprese fenicie e le tracce delle incursioni delle piraterie saracene erano al centro delle sue giornate come la stesura di rogiti e compromessi, le mille attenzioni domestiche richieste dalla famiglia numerosa e le spumeggianti conversazioni notturne, un po’ in studio e un po’ in automobile, lungo il porto, con vecchi e nuovi conoscenti sperabilmente non banali.
Ogni qualvolta le osservazioni e le riflessioni sul passato e sul presente di Pantelleria innescavano un dubbio o una curiosità da ricercatore, D’Aietti si chiudeva nel suo studio a consultare libri; e se quelle consultazioni non sortivano l’esito sperato, scriveva lettere a specialisti, biblioteche, musei e università di mezzo mondo. Solitamente i suoi dubbi e le sue curiosità ricevevano le risposte più autorevoli di interlocutori coinvolti dalla prosa avvolgente e dalle tematiche avvincenti dell’insolito corrispondente: risposte che, con gli altri innumerevoli effetti della sua curiosità, D’Aietti ha fatto confluire, con prosa colorita ma anche con notarile scrupolosità contenutistica, in quest’opera rendendola al tempo stesso espressione del migliore patrimonio storico e splendido mosaico multidisciplinare.
Pier Vittorio Marvasi